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A tale riguardo è opportuno analizzare i risultati a cui sono giunte le neuroscienze e sfruttarli nell’ottica dell’ottimizzazione. L’apprendimento brain-friendly tiene conto del modo in cui il nostro cervello assorbe e memorizza meglio le informazioni. Questo vale soprattutto per i giovani e gli adolescenti, il cui cervello è ancora in fase di sviluppo.

# Come vengono memorizzati i contenuti nel nostro cervello?

Un aspetto centrale di questo processo è la comprensione del modo in cui i contenuti vengono memorizzati nel nostro cervello. Essi vengono «salvati» come schemi di connessioni sinaptiche in una rete di cellule nervose. La costruzione e il mantenimento di queste connessioni richiedono tempo, poiché sono necessari processi biochimici. Durante questa fase di costruzione, i concetti devono essere presentati ripetutamente e in modo inequivocabile. Pertanto, nessun altro stimolo deve interferire con questo processo. Da ciò si deducono alcuni importanti principi psicologici sull’apprendimento: nel processo di studio i contenuti didattici devono essere memorizzati in modo univoco, a più riprese e senza interferenze da parte di altre informazioni.

Per un apprendimento ottimale dobbiamo dedicare alla materia tutta la nostra attenzione. Solo così il cervello può elaborare e memorizzare efficacemente i contenuti didattici. Gli stimoli a cui rivolgiamo la nostra attenzione vengono processati dal cervello con la massima priorità ed efficienza. Dobbiamo figurarci l’attenzione come la luce emanata da una torcia. Nell’area illuminata dalla torcia le informazioni vengono riconosciute in modo chiaro e «smistate» agevolmente nei compartimenti cerebrali corrispondenti. Tutto ciò che si trova al di fuori della zona illuminata dalla torcia viene ignorato o associato a una priorità bassa. Pertanto un apprendimento efficace richiede un’attenzione focalizzata, svincolata dal multitasking. Cercare di gestire più compiti contemporaneamente riduce di molto la nostra capacità di apprendimento. Il nostro cervello non è progettato per elaborare molte informazioni nello stesso momento. Infatti non valiamo molto come multitasker.

La capacità di concentrarci su un compito, che ci aiuta a evitare le distrazioni e a rivolgere la nostra attenzione in modo mirato al materiale didattico, richiede autodisciplina. L’attenzione e l’autodisciplina sono controllate principalmente dalla corteccia frontale (nota anche come lobo frontale), che sovrintende anche all’interpretazione e poi all’assimilazione del materiale didattico. In gergo tecnico, questo processo si chiama codifica: il materiale didattico viene collegato a informazioni già memorizzate. Pertanto, quanto appreso dipende anche da ciò che è stato immagazzinato nella memoria. In altri termini, il nostro cervello memorizza informazioni interpretate, non fatti oggettivi.

# I giovani devono imparare a canalizzare i propri impulsi emotivi

Il lobo frontale, che rappresenta circa il 30-40% del volume cerebrale totale, è essenziale per l’apprendimento e continua a maturare fino al compimento dei 20-25 anni d’età. Questa maturazione riguarda in particolare la creazione di connessioni all’interno del lobo frontale stesso e con altre aree cerebrali. Pertanto, a quest’età, le funzioni controllate da questa parte del cervello non vengono ancora svolte in modo ottimale. L’attenzione, l’apprendimento, l’autodisciplina, il controllo delle emozioni e della motivazione non funzionano al meglio.

La corteccia frontale funziona come un sistema top-down, in quanto inibisce gli impulsi emotivi spinti «verso l’alto» (bottom-up) dalle aree cerebrali evolutivamente più antiche e profonde. Se questi impulsi non sono contrastati da un’adeguata inibizione, si sviluppano senza ostacoli. Dobbiamo imparare a canalizzare i nostri impulsi emotivi e a esprimerli in modo misurato e appropriato. Questo è particolarmente importante nell’ambito dell’apprendimento, poiché dobbiamo mantenere l’attenzione sul materiale didattico senza farci sopraffare dalle emozioni.

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Avendo una corteccia frontale ancora immatura, gli adolescenti e i giovani sono più sensibili agli influssi del sistema bottom-up. Devono quindi imparare ad attivare il lobo frontale in modo da consolidare le reti neuronali in questa importante area cerebrale. Senza un allenamento di questo tipo, il sistema bottom-up trova la strada spianata per far emergere tutte le emozioni.

# Chi è motivato al successo gioca in attacco, chi ha paura degli insuccessi gioca in difesa  

Un altro aspetto fondamentale è l’interesse per la materia. Se un certo argomento ci interessa, facciamo meno fatica a studiare e siamo più motivati nell’apprendimento. Questo interesse innesca la motivazione interiore.

In tale contesto è necessario operare una distinzione fra «il motivare» e «la motivazione». Motivare significa invogliare gli altri a fare qualcosa che in realtà non vogliono fare, con effetti generalmente di breve durata. L’unico impulso che funziona davvero a lungo termine è la motivazione interiore, che è data da obiettivi o traguardi fissati da noi. Se raggiungiamo gli obiettivi che ci siamo posti, proviamo l’emozione più bella che esista, ovvero l’orgoglio. Questa emozione è innescata dal rilascio di un neurotrasmettitore, la dopamina, nel circuito del piacere/della ricompensa del cervello. Tutto ciò rafforza il comportamento che ha innescato l’orgoglio e ci spinge a mantenere ed eventualmente ad aumentare il livello dei traguardi da raggiungere.

L’importante è acquisire le caratteristiche di una persona motivata al successo. Chi è motivato al successo punta a raggiungerlo e si pone traguardi moderatamente difficili. Il raggiungimento di tali traguardi determina un fortissimo rilascio di dopamina. Porsi traguardi ambizioni può però anche comportare la possibilità di fallire nella metà delle situazioni. Il fallimento è quindi un elemento da mettere in conto in un comportamento orientato alla performance. 

Le persone preoccupate solo di evitare gli insuccessi, invece, fanno di tutto per non subire sconfitte. Non giocano in attacco, ma solo in difesa. Questo purtroppo li porta a fissare traguardi troppo banali, per avere la certezza di non fallire, o troppo ambiziosi, perché in questo modo il fallimento non potrà essere imputabile a loro – l’obiettivo era semplicemente al di fuori della portata di chiunque.

La natura ci ha donato un cervello capace di apprendere. Forse potremmo esprimerlo meglio così: «siamo condannati a imparare». L’apprendimento ci offre molte opportunità per plasmare la nostra vita. Dobbiamo saper sfruttare queste possibilità di crescita, perché solo attraverso l’apprendimento conquisteremo un nostro spazio vitale e realizzeremo i nostri obiettivi, che ci regaleranno soddisfazione e felicità.

# Informazioni sull’autore Prof. em. Lutz Jäncke

Questo articolo è stato redatto da  [Lutz Jäncke](https://www.lutzjaencke.ch/) per CYP.

![CYP_Lutz_Jäncke](https://www.datocms-assets.com/25771/1710426745-lutz-jancke.jpg?ar=source)

Lutz Jäncke ha studiato psicologia, neurofisiologia e ricerca sul cervello in diverse università tedesche. Dopo aver completato il dottorato e l’abilitazione, è stato borsista Heisenberg della Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG). Dopo un soggiorno di ricerca presso il Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School, ha lavorato come Senior Researcher presso il Forschungszentrum Jülich. È stato professore ordinario di psicologia generale all’Università Otto-von-Guericke di Magdeburgo. Dall’aprile 2002 è professore ordinario di neuropsicologia all’Università di Zurigo. Nel 2020 è stato nominato membro del comitato scientifico dell’Hans-Albert-Institut. Dal 1° agosto 2022 è professore emerito dell’Università di Zurigo.